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Pubblicato il 29 maggio 2024
Perché parliamo spesso di un di “clima fuori controllo”? Di “punto di non ritorno”? Di urgenza climatica “assoluta”? Da dove viene l’idea che “non dobbiamo assolutamente superare quei 2 gradi”?
Il cambiamento climatico non è un problema lineare. Alcune conseguenze del riscaldamento globale diventano esse stesse una causa aggiuntiva del cambiamento climatico creando una sorta di “circoli vizioso”. Gli scienziati li chiamano “anelli di retroazione positivi”. Attenzione, in questo contesto “positivi” non significa che fanno bene al clima. Al contrario, il termine “positivi” indica un'accelerazione del fenomeno iniziale. Alcuni di questi anelli hanno un effetto amplificatore costituendo un pericolo immenso, una sorta di “bombe climatiche” che potrebbero potenzialmente rendere la situazione climatica fuori controllo in maniera irreversibile.
Vediamo sei esempi: l'effetto albedo, le correnti oceaniche, la deforestazione, il vapore acqueo, lo scioglimento del permafrost, e il rilascio di idrossidi di metano.
L’albedo determina il potere riflettente di una superficie. Tutti i corpi terrestri riflettono verso lo spazio una parte della luce che ricevono e assorbono il resto, aumentando la loro temperatura. L’albedo è la parte di energia luminosa riflessa in rapporto a quella assorbita.
L’effetto albedo varia a seconda del calore e della composizione della superficie. Più il colore è chiaro, più l’effetto albedo è elevato. Si pensi alla neve, alle onde, al ghiaccio, e a come il loro colore candido riflette i raggi del sole.
A causa del riscaldamento climatico, il ghiaccio si fonde e le superfici ghiacciate e innevate diminuiscono. Queste superfici essendo banche permettono di rinviare i raggi solari grazie all’effetto albedo. Al giorno d’oggi l’effetto albedo rinvia circa il 30% dei raggi solari verso lo spazio. Con la diminuzione o la sparizione di superfici bianche, si creano più superfici scure (oceano, terra…), e l’effetto albedo diminuisce nettamente. I raggi solari e la loro energia termica vengono quindi assorbiti in maggior quantità, aumentando la temperatura del suolo, dell’oceano, e dell’atmosfera.
Ed è qui che si osservano gli effetti di questo “circolo vizioso”: l’aumento della temperatura media globale causa la riduzione dell’effetto albedo che, a sua volta, favorisce lo scioglimento dei ghiacciai diminuendo ancora di più l’effetto albedo.
A causa del riscaldamento climatico, banchise e ghiacciai si sciolgono, liberando una gran quantità di acqua dolce. L’acqua dolce è meno densa dell’acqua salata, il che la fa rimanere nella parte alta dell’oceano (dato che sprofonda meno facilmente). Ciò indebolisce le correnti “discendenti” che vanno dalla superficie al fondo dell’oceano.
L’oceano immagazzina la CO2 in modo diverso a seconda della profondità: le acque più profondo rappresentano le riserve principali di CO2, immagazzinando da 30 a 40 volte più CO2 delle acque in superficie.
Con questo indebolimento delle correnti “discendenti”, le riserve di carbonio, ossia le acque più profonde dell’oceano, diventano meno accessibili. Le acque in superficie non potendo “inviare” verso il basso il loro surplus di CO2, vengono intasate da CO2 ulteriormente diventando una riserva di CO2 meno efficace. Infatti, invece di dissolvere CO2, le acque oceaniche in superficie possono rigettarla nell’atmosfera attraverso l'evaporazione! La riserva può dunque trasformarsi in una fonte di emissioni di gas a effetto serra. Tutto ciò a causa di questa modifica delle correnti marine.
Il fatto che questo fenomeno liberi gas serra, invece di assorbirli, accentua ancora di più l’effetto serra e di conseguenza il riscaldamento climatico, causando ulteriori modifiche alle correnti oceaniche. Per questo parliamo di “circolo vizioso”.
Glaciers |
Ice caps and ice sheets |
Ice shelves |
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Type of ice |
Fresh water |
Fresh water |
Salt water |
Covers |
Land |
Land |
Water |
Effect |
Rising water levels Floods Ground destabilized Decreased albedo effect |
Rising water levels Altered currents Decreased albedo effect |
Decreased albedo effect |
Al giorno d’oggi le foreste costituiscono una grande fonte di carbonio. Essendo materia viva, la flora è composta da carbonio e grazie alla fotosintesi assorbe CO2 atmosferica, trasformandola in ossigeno. Quando la foresta muore, o in caso di deforestazione, la decomposizione delle piante conduce a l’emissione di CO2. Succede lo stesso quando gli incendi devastano le foreste: la combustione libera nell’atmosfera tutta la CO2 che era prima immagazzinata e stabile.
Con il cambiamento climatico si assiste a:
Quest’ultimo fenomeno, conseguenza del cambiamento climatico, comporta il deperimento delle piante. Quelle che sopravvivono hanno meno capacità di assorbire CO2 e quelle che muoiono si decompongono liberando CO2. In questo modo la concentrazione di gas serra nell’atmosfera aumenta alimentando il riscaldamento climatico che a sua volta provoca le tre conseguenze menzionate prima. Ed ecco il terzo effetto del circolo vizioso!
Tra le foreste australiane bruciate nell’estate 2019 e gli sforzi del Presidente Bolsonaro per deforestare al più presto l’Amazzonia, è evidente che non si tratti di una situazione ipotetica. Questi anelli di retroazione positivi sono reali e attivi!
Ad oggi si registra già + 1°C, c’è poco da scherzare.
Con l’aumento della temperatura dell’aria, l’atmosfera ha maggior capacità di immagazzinare il vapore acqueo. Ciò aumenta l’intensità dei fenomeni climatici estremi, ma non solo...
Il vapore acqueo presente nell’atmosfera aumenta l’effetto serra. Con una concentrazione di vapore acqueo che cresce nell’atmosfera, il riscaldamento climatico aumenta. E come per tutti gli altri anelli di retroazione positivi, il riscaldamento climatico a sua volta aumenta ancora di più la capacità di immagazzinare vapore acqueo nell'atmosfera amplificando il fenomeno e nutrendo il circolo vizioso.
Il permafrost è “il suolo permanentemente gelato”, ossia il suolo dove la temperatura non eccede 0 gradi per almeno due anni di fila.
Il permafrost si trova su circa il 20% della superficie terrestre, in particolare in Groenlandia, Alaska, Canada e Russia. Si trova anche in Francia, sulle Alpi.
L'enorme problema del permafrost è che contiene elementi catturati nel ghiaccio da migliaia di anni. E non possiamo permettere che questi elementi vengano rilasciati nell’atmosfera. Perchè?
Per usare un’immagine, il permafrost è un enorme congelatore. Se lasciate il congelatore aperto, la vostra pizza si scongela, il vostro gelato si scioglie e i microbi si nutrono di questi elementi organici. Allo stesso modo, sciogliendosi, il permafrost rilascia del materiale organico che soggetto all’attività dei microbi, producono CO2 in presenza di ossigeno o di metano. Ed ecco come si creano gas serra che finiscono nell’atmosfera accellerando il riscaldamento climatico.
Il potenziale di emissione di gas serra del permafrost è colossale: si parla di 1’500 GtC, ossia il doppio della quantità di gas serra già presenti nell’atmosfera che quindi si moltiplicherebbero! Immaginate quindi l’effetto serra supplementare generato. In questo caso il disgelo di gran parte del permafrost costituisce una delle due “bombe climatiche” dalle quali sarà impossibile riprendersi.
Altre conseguenze supplementari non trascurabili: il permafrost racchiude malattie ormai scomparse da centinaia o migliaia di anni. Scioglendosi, il permafrost potrebbe liberarle creando gravi crisi sanitarie.
Per esempio, nel 2016, un’epidemia di antrace ha ucciso umani e più di 2’300 renne in Siberia. Eppure questa malattia era scomparsa dalla regione più di 75 anni. É apparsa nuovamente a causa del disgelo del permafrost che conteneva congelata una renna morta di questa malattia e, di conseguenza, questi batteri mortali. Se sappiamo curare l’antrace con antibiotici, ciò potrebbe non essere il caso per tutti gli altri virus o batteri che non conosciamo e non sappiamo curare. Il rischio di epidemie o di pandemie ben peggiori del Covid-19 è una conseguenza reale del riscaldamento climatico.
L’idrossido di metano costituisce un’altra “bomba climatica” potenziale. Si tratta di molecole imprigionate nel ghiaccio. Se ne trovano in quantità
Al momento il metano è immagazzinato in queste riserve in maniera stabile. É difficile stimarne le quantità precisa, ma si parla di circa 10’000 GtC ossia 7 volte più dei gas serra contenuti nel permafrost e quindi 21 volte più del totale di tutti gas serra presenti ad oggi nell’atmosfera!
Sfortunatamente, se il riscaldamento attuale sorpassa la famosa soglia dei 2 gradi, queste molecole potrebbero diventare instabili. Con lo scioglimento del permafrost, o il riscaldamento dell’oceano, l’idrossido di metano verrà in contatto con temperature più elevate. E così le molecole potrebbero dissociarsi e il metano potrebbe fuggire direttamente nell’atmosfera.
Dato il volume titanico di metano di cui stiamo parlando, è semplice capirne le conseguenze devastanti per il riscaldamento del Pianeta e la vita sulla Terra.